JOHANN SEBASTIAN BACH: LA MUSICA PERFETTA DI UN GENIO SENZA TEMPO – Parte I: Formazione, carriera, stile e opere per tastiera

JOHANN SEBASTIAN BACH: LA MUSICA PERFETTA DI UN GENIO SENZA TEMPO – Parte I: Formazione, carriera, stile e opere per tastiera

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JOHANN SEBASTIAN BACH: LA MUSICA PERFETTA DI UN GENIO SENZA TEMPO – Parte I: Formazione, carriera, stile e opere per tastiera

Il mese di marzo saluta un anniversario speciale che gli amanti della musica colta, in particolare barocca, non mancano mai di onorare: la nascita di Johann Sebastian Bach, avvenuta il 21 marzo 1685 nella cittadina di Eisenach, in Germania.

Coetaneo di Georg Friedrich Händel (nati a distanza di tre settimane l’uno dall’altro!), a differenza di quest’ultimo non esce fisicamente dai confini della Germania, ma viaggia molto tra le principali città tedesche, frequentando ambienti culturalmente vivaci che lo mettono in contatto con la musica francese e soprattutto con quella italiana e che lo vedono protagonista indiscusso della scena musicale della sua epoca.

Bach è infatti considerato a pieno titolo un genio immortale della nostra arte, un punto di riferimento della musica occidentale tutta, autore di una vastissima produzione che conta opere sacre monumentali, cantate sacre e profane, pagine strumentali sublimi ed elaborate. Musica perfetta, intrisa di corrispondenze matematiche (disciplina a lui tanto cara), di patetismo drammatico tipico del suo tempo, di artifici contrappuntistici sbalorditivi, di sagaci soluzioni armoniche sempre in accordo con il contenuto tematico delle composizioni stesse; uno stile solenne e intimo, trionfale e struggente, apocalittico ed essenziale. Gli opposti si incontrano, si toccano, si fondono; le voci cantano con l’intensità degli strumenti, questi suonano con il pathos dell’anima umana. Logos e melos coincidono, intorno alle esecuzioni della sua musica il tempo si ferma, lo spazio si trasforma e l’ascoltatore, come trascinato sulla scena del grande teatro spirituale, vive personalmente le vicende disegnate dalla mano di quest’uomo devoto, geniale e dalla travolgente personalità.

 

FORMAZIONE E CARRIERA

Appresi i rudimenti della musica dal padre (che perderà all’età di dieci anni) e dallo zio Johann Christoph, il diciottenne Johann Sebastian si ritrova presto a contatto con il latino, la teologia, l’esegesi delle Scritture e, in qualità di corista, con la musica sacra. Il tutto nella prestigiosa scuola della Georgkircher, frequentata a suo tempo anche da Martin Lutero. Rimasto orfano, prosegue gli studi ospite del fratello maggiore a Luneburg.

Dopo gli studi, nel 1703, ottiene il ruolo di violinista di corte a Weimar, ma non tarda a mostrare le sue strabilianti doti di organista: viene infatti invitato a inaugurare l’organo di Arnstadt, tra lo stupore e l’ammirazione della comunità che spinge per assumerlo come orgelmeister, carica che conserverà fino al 1707. A incrinare i rapporti con le autorità è il soggiorno piuttosto prolungato di Bach a Lubecca del 1705, dove è attento allievo di Buxtehude, uno dei musicisti tedeschi più stimati dell’epoca.

Nel 1707 si sposta come organista a Mühlhausen, dove resta appena un anno, per poi tornare a Weimar come organista di corte. Qui viene promosso a Konzertmeister nel 1714 ma presto, scontento per non aver migliorato ulteriormente la sua posizione professionale ed economica (mirava al ruolo di Kappelmeister come successore di Drese), parte con la famiglia alla volta di Köthen, dove arriva nel 1717 e vi resta per sei anni circa. Nella sua nuova città si deve scontrare più volte con la corte calvinista che non gli permette di esprimersi appieno per via dell’orientamento drastico contro alcune forme di cantata e di musica organistica.

È il 1722 quando Kunhau, Kantor di Lipsia, muore. Johann Sebastian punta a quella carica, ma non è la prima scelta. Il concistoro cittadino lipsiense, infatti, spera di poter assumere prima Telemann e poi Graupner, ma nessuno dei due accetta; così l’anno dopo deve ripiegare su Bach, assunto come Kantor della scuola della Thomaskirche e Director musices della città (sarà nominato successivamente direttore del Collegium Musicum a tre riprese). Per questa nuova occupazione gli viene richiesta la composizione di un numero minimo di opere per ogni anno, tra cui 59 cantate; è obbligato altresì a istruire il coro principale, a dirigere l’animazione musicale nelle celebrazioni liturgiche, a prestare servizio come organista in specifiche circostanze, nonché a svolgere altre funzioni secondarie. Neanche a Lipsia mancheranno i contrasti con le autorità civili e religiose, come si vedrà in seguito, e questo andrà a limitarne la carriera (il cui bilancio comunque non può assolutamente considerarsi negativo). Pur restando in pianta stabile a Lipsia, viaggerà in altre città e assumerà altri incarichi, come a Weissenfels e a Dresda.

Muore cieco nel 1750, incompreso nella sua grandezza persino dagli stessi figli, finendo per essere dimenticato, eccezion fatta per le opere didattiche e per qualche tentativo di elogio alla genialità e alla memoria da parte di alcuni allievi, rimasto però in sordina. Solo nel secolo successivo alla sua morte si mobilita il meglio della musica tedesca, dedito con passione e abnegazione alla sua riscoperta, fino al fenomeno della Bachgesellschaft Ausgabe.

Oggi le opere di Bach catalogate sono riconoscibili grazie alla sigla BWV (Bach-Werke-Verzeichnis). Molte sono andate perdute, specie a causa della condotta dei figli ai quali il grande Maestro aveva lasciato in eredità i suoi manoscritti (il sempre indebitato e dissoluto Wilhelm Friedmann, il poco avveduto Carl Philipp Emanuel Bach, comunque tra i più attivi promotori dell’arte del padre, lo spavaldo Johann Christian, trasferitosi a Londra e ricordato per aver sempre considerato il padre un “vecchio parruccone”), ma anche per la gran quantità di autografi disseminati nei luoghi della vita di Bach e non ancora pubblicati al momento della sua morte.

La ricerca continua incessantemente ed è alimentata dalla speranza di poter scovare ancora, da qualche parte nel mondo, una nuova pagina che possa ritornare al suo posto, una nuova tessera ritrovata, sfuggita ai danni delle guerre e all’incuranza dei possessori, e ricollocata nel magnifico e ancora incompleto mosaico bachiano.

 

LE OPERE PER TASTIERE

Le tre opere per tastiera iniziate intorno al 1715 (periodo di Weimar) e rielaborate nel 1723, l’anno dell’incarico a Lipsia, si presentano come molto differenti tra loro, ma accomunate da un approccio didattico e dal desiderio di portare nel repertorio per questi strumenti qualcosa di innovativo.

Si pensi ai 45 preludi corali per organo dell’Orgel-Büchlein, ad esempio: sulle melodie degli antichi inni luterani, notoriamente semplici (“a portata” di tutti i fedeli), Bach costruisce queste composizioni per organo, variando per complessità e durata i singoli estratti. L’idea prende spunto da un modello in uso al tempo proveniente dalla tradizione francese, il Livre d’orgue, arrivato in Germania ma che poco vi si era radicato, guardando almeno alla produzione locale di simili esemplari. Questi erano piccoli volumi “tascabili”, dunque sempre pronti all’utilizzo; Bach, però, non si limita a produrre un compendio di corali organistici (ne riesce a comporre “solo” 46, a fronte dei 164 che aveva in progetto) per soli fini esecutivi, ma si proietta verso la formula del metodo, a offrire quindi una serie di possibili soluzioni di elaborazione armonico-contrappuntistica di cellule tematiche più semplici prese da inni di lode, inni catechistici e altri brani dell’intero anno liturgico.

Uno sfoggio delle capacità compositive e di elaborazione contrappuntistica sofisticata era stato già offerto dal genio di Eisenach nel progetto iniziato intorno al 1717: il Clavicembalo ben temperato. In quest’opera l’autore mostra come sia possibile scrivere usando il sistema tonale armonico, costituito dalle tonalità maggiori e dalle relative minori, e il sistema temperato, una novità di accordatura che andava in questo periodo a sostituire il temperamento mesotonico. Bach, venuto a contatto con questa innovazione grazie a Buxtehude nei primissimi anni del Settecento (periodo di Arnstadt), si dedica con maggiore impegno alle sue sperimentazioni solo dal 1721-22, quasi un ventennio dopo il primo accostamento alla novità. Alcune fonti parlano di un Bach che questi 24 preludi e fughe in tutte le tonalità in momenti di noia, di scontento o di indisponibilità di uno strumento da suonare nei paraggi; altre raccontano di un progetto abbozzato nelle quattro settimane di isolamento (imposto dal Duca di Weimar) prima del trasferimento a Köthen, con il Maestro confinato in una celletta senza tastiere su cui suonare e con solo fogli e calamaio. Non un problema, dal momento che, come certificano numerose testimonianze, Johann Sebastian non compone necessariamente con l’ausilio dello strumento. 

Nel Wohltemperierte Klavier, dunque, Johann Sebastian Bach cavalca le innovazioni del suo tempo in termini di accordatura e di apertura al sistema tonale, mostrando che non esistono tonalità “da evitare”. Il figlio Carl Philipp Emanuel racconta del padre intento ad accordare gli strumenti in autonomia, con estrema cura del temperamento. Non solo un’innovazione tecnica: il Clavicembalo ben temperato rappresenta anche una sfida stilistica dell’autore, un banco di prova su cui mostra di saper domare forme più libere, come il preludio improvvisato, e altre più rigorose, come la fuga; il tutto nella stessa opera e con una disposizione non banale: seppur da considerare tutti i brani indipendenti tra loro, Bach alterna ordinatamente gli uni agli altri, dando l’idea di una duplice soluzione compositiva per ogni tonalità.

Ai colleghi non-strumentisti a tastiera, come al sottoscritto all’inizio dello studio delle opere del Nostro, probabilmente non suona familiare il titolo Guida veridica (Aufrichtige Anleitung). Occorre dunque svelare che tale intestazione è presente sulla bella copia di una raccolta (del 1723) nota ai più come Invenzioni a due voci e a tre voci. L’opera nasce come un piano didattico su cui Bach insegna a copiare e a comprendere la musica al figlio Wilhelm Friedemann. Le invenzioni, quelle a due (praeambula, fantasie) e quelle a tre voci (Invenzioni, sinfonie), vengono composte dal 1720 ai giorni che precedono la partenza per Lipsia e sono, almeno nella seconda fonte autografa in “bella copia”, separate tra loro in un’unica raccolta.

Questo Klavier-Büchlein per Friedmann insegna al giovane figlio/allievo le basi dell’armonia applicate alla tecnica strumentale, percorrendo le tonalità maggiori e minori secondo una scala cromatica ascendente Do-La. Riconosco che sarebbe complesso spiegare in questa sede il criterio di organizzazione, ma per la cui comprensione, tra le innumerevoli fonti, si rimanda al libro di Christoph Wolff L’universo musicale di Bach. A noi, per ora, interessa sapere che l’obiettivo dell’autore è di portare ai musicisti “desiderosi di apprendere” i princìpi compositivi più importanti partendo da idee tematiche chiare, semplici, articolate attraverso un saggio sviluppo contrappuntistico entro la cornice chiusa della tonalità di partenza. Contrappunto inverso, contrappunto doppio, ma anche il ricorso al sospiro (suspiratio), al tetracordo cromatico e a giochi ritmici particolari, tipiche strategie retorico-musicali del tempo, portano questa doppia raccolta oltre la dimensione puramente didattica e mostrano ancora una volta quanto lo strumento bachiano sia la voce di un impegno intellettuale e di un sofisticato interesse tecnico.

Negli ultimi anni a Köthen, Bach ultima le Sei Suites Inglesi (BWV 806-811) e le Sei Suites Francesi (BWV 812-817), composizioni già avviate negli anni precedenti (dal 1708-1710 circa), perle clavicembalistiche di raffinatezza formale, di ricchezza musicale e tecnica, brani di rara bellezza. Entrambe ispirate alle danze delle due rispettive “scuole”, le prime appaiono più corpose e complesse da un punto di vista strutturale, con più movimenti e una sorta di maggiore austerità; le seconde, invece, si contraddistinguono per la grazia, l’espressività, strutture meno rigide e più spazio per l’elemento melodico, offrendo momenti di intimità e di eleganza attraverso soluzioni tecnico-compositive incredibilmente efficaci.

Trasferitosi a Lipsia, Bach lavora sul grande progetto del Klavier-Übung. L’opera si divide in quattro parti: la prima, edita nel 1731, comprende le Sei partite tedesche, pubblicate già separatamente negli anni precedenti. La struttura si presenta più ricca di quella delle suite francesi e inglesi degli anni precedenti all’incarico a Lipsia: a un preludio segue una sinfonia, poi una fantasia, un’ouverture, un praeambolum e una toccata, inframmezzati o conclusi da capricci, burlesche e scherzi. Il secondo libro è pubblicato nel 1735 e contiene il Concerto nel gusto italiano e l’Ouverture nello stile francese, un saggio che mette in luce differenze stilistiche tra le due scuole, padroneggiate magistralmente dal genio di Bach. Il terzo libro esce nel 1739 e presenta un grande preludio iniziale seguito da dieci grandi corali disposti secondo l’ordine liturgico luterano, quattro duetti per clavicembalo, undici piccoli corali e tre magnifiche fughe che elaborano il preludio iniziale. Colpisce la dedica “ai dilettanti e particolarmente agli intenditori della stessa arte, per l’elevazione dello spirito”. Il quarto e ultimo libro della raccolta, pubblicato nel 1742, vanta al suo interno le Variazioni Goldberg, 30 variazioni su un’aria iniziale, tra le pagine di musica per tastiera tecnicamente più complesse scritte dal Maestro.

 

MUSICA TOTALE

L’approccio di Bach alla musica è una sintesi perfetta tra logica e forma, entrambe al servizio della retorica drammatica degli affetti. Accanto a singoli e isolati esempi di forme più o meno libere (soprattutto per organo) come le Toccata e fuga, Preludio e fuga, Passacaglia, il grande Maestro riesce a raggiungere lo zenit dell’estetica barocca grazie alla solida architettura compositiva che contraddistingue, in modo particolare, le opere speculative come le Variazioni canoniche per organo del 1746-47, le Einige kanonische Veränderungen über das Weyhnachtslied, Vom Himmel hoch, da komm ich her (BWV 769), cinque variazioni su una melodia natalizia, e altre ugualmente interessanti.

Per molti l’opera che maggiormente racconta la maestria creativa del Nostro è l’Offerta musicale (Musikalisches Opfer), un impareggiabile sfoggio delle capacità di elaborazione tematica e di contrappunto bachiano. Il tema è quello suggerito da Federico II di Prussia in persona, riesposto e seguito da 9 canoni diversi, una fuga canonica, 2 ricercari (a tre e a sei voci) e una sonata a tre per flauto, violino e clavicembalo.

Un altro capolavoro, l’ultimo prodotto del fine laboratorio contrappuntistico di Bach, è l’Arte della Fuga (Die Kunst der Fugue), pubblicato da Carl Philipp Emanuel solo nel 1751. Non è chiaro l’organico per cui è pensato questo compendio di 19 contrapuncta a quattro parti (discantus, altus, tenor e bassus), ma è incredibile pensare che l’ultima fuga (incompiuta) si risolva con il corale Von deinen Thron tret ich hiermit (Dinanzi al tuo trono mi presento).

Così Bach si congeda dal mondo terreno, senza alcuna intenzione drammatica o patetica, con il lascito di una perfezione architettonica, logica, matematica della musica che toglie il fiato, che è essa stessa l’acme della retorica musicale.

Si consegna a Dio dopo aver vissuto l’epifania della ragione artistica. Si chiude un’epoca gloriosa, quella barocca, e i lumi pervadono la musica europea che, dopo Bach, non sarà più la stessa.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

  • Rainoldi, Traditio Canendi, Roma, Ed. Liturgiche, 2000, pp. 441-445
  • Basso, L’età di Bach e di Haendel, da Storia della Musica a cura della Società Italiana di Musicologia, Torino, EDT, 1991, II ediz., pp. 182-188
  • Carrozzo – C. Cimagalli, Storia della Musica Occidentale (vol. 2), Roma, Armando Editore, 1997
  • Christoph Wolff, L’universo musicale di Bach, Milano, Il Saggiatore, 2022

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